In questi giorni si sente spesso parlare di Google Duplex, la nuova estensione dell'assistente vocale del colosso statunitense. Google ci aveva già lasciati piacevolmente stupiti grazie al suo “nuovo” Google Assistant che, con una voce meno “robotica” rispetto alla concorrenza, riusciva a dare risposte complete a semplici domande e ci intratteneva con simpatici giochi di parole, barzellette e indovinelli sempre differenti. Adesso Google Duplex ci darà anche la possibilità di non perdere più tempo con prenotazioni di ristoranti o cose simili, in quanto basterà dare al nostro assistente il numero da chiamare e l’orario dell’appuntamento. Al resto penserà lui. Infatti Duplex chiamerà il contatto e intratterrà con lui una conversazione (non troppo lunga o che vada troppo lontano dalla direttiva datagli) nella quale prenderà l’appuntamento richiesto.
Google Duplex è stato presentato per la prima volta al Google I/O 2018. Lì gli sviluppatori hanno mostrato il suo funzionamento tramite delle chiamate di prova, che hanno permesso di vedere il nuovo software in azione. Duplex riesce a discutere fluidamente con l’interlocutore e riesce persino a “nascondere” la sua natura artificiale, rispondendo in modo coerente e utilizzando i suoni e i “versi” tipici degli umani.
Ma come è possibile tutto questo? Beh, grazie all’intelligenza artificiale, che permette ai computer di “pensare” e comportarsi un po’ come gli umani.
Ma cosa è l'Intelligenza Artificiale? Per il dizionario De Mauro è l’«insieme di studi e tecniche che tendono alla realizzazione di macchine, specialmente calcolatori elettronici, in grado di risolvere problemi e di riprodurre attività proprie dell’intelligenza umana». In realtà non esiste ancora una definizione universalmente accettata perché l’IA (dall’inglese Artificial Intelligence) è un settore recente e in evoluzione.
Certamente si tratta di uno sviluppo dell’informatica e, se il padre dell’informatica è da tutti considerato Alan Turing, inventore della macchina che da lui prende il nome (Macchina di Turing), fu John McCarthy che nel 1956 introdusse per la prima volta l’espressione “Artificial Intelligence”. Questa branca dell’informatica, che rappresenta l’avanguardia, si occupa della programmazione e progettazione di sistemi, sia hardware che software, che permettono di dotare le macchine di caratteristiche che vengono considerate tipicamente umane come, ad esempio, percezioni visive, spazio-temporali e decisionali, quindi non solo di capacità di calcolo o di conoscenza di dati astratti, ma anche e soprattutto intelligenza sociale e introspettiva (cfr.http://www.intelligenzaartificiale.it).
Ma quali sono i concetti alla base dell’intelligenza artificiale? Parliamo di rete neurale e di fuzzy.
Quando si parla di rete neurale si fa riferimento ad un modello matematico che cerca di simulare le reti neuronali biologiche che ci consentono, grazie alle sinapsi che mettono in collegamento i neuroni, di muoverci, parlare, ricordare. Insomma ci permettono di gestire il nostro corpo e la nostra mente. Ma come si può applicare questo incredibile meccanismo ad una macchina? Si sa che i computer funzionano secondo una logica booleana: lavorano infatti su due valori, lo zero e l’uno (logica binaria). Ne consegue che un’affermazione può essere solamente vera o falsa. La logica fuzzy, invece, dà la possibilità di introdurre valori intermedi simulando processi cognitivi umani.
Come è sotto gli occhi di tutti, negli ultimi anni lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante e le continue ricerche per migliorare questo ramo dell’informatica fanno pensare che nei prossimi anni faremo scoperte sensazionali che contribuiranno a rendere le macchine sempre più “intelligenti”. Naturalmente tutto ciò apre le porte a tanti utilizzi, che non sono solo quelli legati al tempo libero, ma che coinvolgono la sanità, la pubblica sicurezza, il mercato del lavoro e tanti altri settori e che, si spera, possano contribuire a migliorare la qualità della vita di ciascuno.
Valentino Bonfanti, Salvo Petitto, Francesco Cillaroto
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