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"A Odisseo" di Gaetano Giambusso


Lunghi sono i giorni

del lugubre silenzio,

aspro è il tormento

della morte e della pena.


Come un satiro danzante

nel suo rivolo di morte,

scorre la vita obliqua

su questa cetra a corde rotte.


Tira un vento maledetto

lungo gli argini del tempo,

tira un vento maledetto

di sirene e ciclopi inferociti.


Donna, che ancora maledici

il ritorno che non ti diedi,

il mio cuore non trova pace

in questo mare ormai impazzito.


Di dolore immenso

il mio viaggio s'è sdrucito,

greve, come il filo della trama

che accarezza il tuo ordito.


Cera al sole, di Tiresia

è il saggio consiglio,

spine al cuore, degli Dèi

l'umano orgoglio.


E' inutile che i rivali

tornino a bussare,

spenti sono i fuochi

e le porte,

a colpi di martello

dormono per sempre.


Vicino è il mio ritorno

sospinto giù dal cielo,

di Itaca le arterie

del mio sangue sono piene.


Tornate a ballare

che l'inferno è ormai finito,

teso è il duro arco

e la freccia ho già scoccato!



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