La politica appare sempre più distante, sempre più indifferente ai problemi e alle domande dei cittadini e in Italia non sembrano esistere istituzioni "vicine" alla collettività. L'Italia è un paese senza fiducia non solo nelle istituzioni ma anche nei "singoli".
Numerosi studi mostrano che la maggior parte dei "giovani" ha un giudizio negativo sulla politica in cui ripone poca o nessuna fiducia.
Hans Küng, nel suo articolo Il politico ha diritto di mentire (www.Lastampa.it 5 maggio 2008), mette in evidenza che "oggi una diplomazia efficace richiede franchezza… Gli sporchi trucchi e gli inganni alla lunga non pagano… Perché minano la fiducia. E senza fiducia è impossibile una politica che dia forma al futuro".
Ci si pone davanti a un dilemma: il politico ha diritto di mentire o è costretto a mentire?
Il rapporto tra politica e morale è sempre stato, fin dall'antichità, un problema sempre aperto con punti di convergenza e altri di contrapposizione. Il comportamento dell'uomo politico, nel corso della storia, spesso ha avvallato, e continua a farlo, l'idea che la natura della politica è immorale, nonostante la presenza di "diversi" che hanno sacrificato la loro vita per il bene comune, eccezioni che sembrano confermare la regola.
Machiavelli ne Il Principe evidenzia che la politica ha delle leggi che non coincidono sempre con quelle della morale infatti, "colui che lascia quello che si fa per quello che si doverrebbe fare, impara più tosto la ruina che la perservazione sua". Quindi, un principe buono può andare incontro alla sua distruzione, mentre a volte, non esserlo, può salvare lo Stato. Pertanto, "il fine quando risponde al bene collettivo moralizza i mezzi".
Emanuele Severino, nel suo articolo L'uomo politico è costretto a mentire (Corriere della Sera, 18 dicembre 2010), rifacendosi alla meraviglia che lo scandalo di Wikileaks ha suscitato nella comunità mondiale per i retroscena dei rapporti oggi intercorrenti tra gli Stati del Pianeta, dice che per ottenere i voti un politico è costretto a mentire poiché se dicesse agli elettori << Lo scopo primario della mia attività politica- o della metà di essa- la dedico ai miei tornaconti>>, non avrebbe più voti. Pertanto, anche se in modo provocatorio, rifacendosi a Machiavelli, afferma che solo "il tiranno può non mentire e chiedere ai suoi sudditi di morire per lui; il politico non può non mentire".
Di diverso avviso è Norberto Bobbio, filosofo che ha cercato di trasmettere il senso etico di fare politica. Nel Governo degli onesti? (articolo pubblicato su La Stampa del 4 gennaio 1991) Bobbio scrive che non vi è alcuna giustificazione nel ritenere che un politico "debba essere sottratto agli obblighi cui è sottoposto l'uomo comune. Non esiste una morale pubblica distinta dalla morale privata. Se mai, l'uomo pubblico dovrebbe essere più scrupoloso nel rispetto degli obblighi morali e di quelli giuridici… per la semplice ragione che le sue infrazioni sono più dannose alla collettività di quelle dell'uomo comune".
Sicuramente, la diffusione capillare delle informazioni attraverso i numerosi mezzi oggi a disposizione rende la collettività informata e consapevole delle azioni della politica e diventa sempre più difficile per essa agire con intrighi e sotterfugi. Tutti sentiamo la necessità di una politica che programmi interventi e mette in atto azioni che devono avere una ricaduta positiva sulla collettività nel breve, medio e lungo termine.
Per fare ciò la politica non può prescindere dalla partecipazione della collettività ed è necessario trovare un antidoto alla sfiducia e favorire la partecipazione. Perché la partecipazione genera fiducia nei confronti delle istituzioni, ma anche "verso gli altri".
Pietro La Mantia 3C
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